C'era una volta in Lombardia - e rappresentava un vero e proprio modello organizzativo, finanziario e culturale, fortemente voluto e sostenuto dalla Regione nel quadro della antica e splendida L.R. 58/77 - un circuito/progetto di attività teatrale capillare e decentrata il cui obiettivo era la diffusione territoriale, nei luoghi in cui venivano già normalmente organizzate delle stagioni di Prosa, di spettacoli di straordinario valore artistico che tuttavia - per il loro carattere innovativo e per la strutturale distanza dalle logiche produttive dello "star system" - venivano definiti dalla Regione stessa "a più alta valenza e rischio culturale".
Da queste premesse la scelta di allora, straordinariamente innovativa e coerente: in un quadro di finanziamenti regionali prevalentemente orientati al sostegno della produzione, la Regione Lombardia decideva di stanziare parte dei propri contributi a favore di tutti quei teatri che decidessero di affiancare alla stagione ordinaria un programma parallelo di ospitalità e promozione di quel repertorio, nella persuasione che la modificazione e formazione dei gusti del pubblico potesse e dovesse essere perseguita proprio tramite l'offerta di visibilità e sostegno a quel repertorio.
Il progetto, con sintesi efficacissima, prese il nome di Altri Percorsi e l'iniziativa - per parte degli anni '80 e per tutti gli anni '90 - si diffuse a macchia d'olio sull'intero territorio regionale, giungendo a coinvolgere più di 40 comuni. La Lombardia era divenuta - per l'intera area del teatro d'innovazione nazionale ed in particolare per le compagnie lombarde - un vero e proprio mercato sostenibile.
Anche Varese, per molti anni, aderì al progetto, ed in città - al Cinema Teatro Nuovo ma anche al Teatro Impero - fu possibile assistere a spettacoli straordinari, che, per molti versi, hanno costruito la storia del nuovo teatro italiano: dalla Storia di Giulietta e Romeo di Laboratorio Teatro Settimo alla Notte dei Mulini del Teatro delle Briciole; dal Racconto del Vajont di Marco Paolini (molto prima dei fasti televisivi) al Kohlhaas di Marco Baliani sino ai primi allestimenti di Serena Sinigaglia e dell'ATIR.
Poi, anche a causa della spinta "demolitrice" dell'Ass. Ettore Albertoni - che trasformò "Altri Percorsi" in uno strano ed inutile ibrido denominato oggi "Circui Teatrali Lombardi" e che sopravvive faticosamente, del tutto snaturato, solo in alcuni territori - più nulla. All'inizio del nuovo millennio - in quasi precisa coincidenza con la nascita del Teatro Apollonio - anche Varese cessa di aderire al progetto (peraltro in questo modo rinunciando alle risorse provenienti dalla Regione).
E il nuovo teatro scompare di fatto per anni dall'orizzonte della programmazione teatrale varesina. Fino a tempi recenti in cui - grazie ad un progetto di rete finanziato dalla Fondazione Cariplo ed in parte dal Comune di Varese e a cui ha aderito Filmstudio 90 - hanno fatto capolino in città alcuni degli artisti più interessanti della nuova generazione teatrale, da Ascanio Celestini a Davide Enia.
Si tratta, peraltro, di un'esperienza - almeno sulla base dei finanziamenti Cariplo - ormai conclusa. Ed il problema, per la città, è che questo teatro, che rappresenta realmente il luogo possibile della rinascita di un pubblico possibile, rischia di rimanere, per il futuro, totalmente al margine della considerazione pubblica.
Un vero peccato, crediamo, perché questo teatro d'innovazione - nel manifestarsi sul palcoscenico - si pone però l'obiettivo di riverberarsi anche e soprattutto in platea, nel pubblico, nella sua composizione culturale ed anagrafica: esiste, cioè, un teatro non paludato, fresco, contemporaneo, in grado di rivolgersi alle giovani generazioni attraverso arte, ricerca, linguaggi e temi del nostro tempo: verso un'idea di futuro e di funzione anche formativa e pedagogica del teatro d’arte.
Una necessità, a nostro avviso. Ed una necessità che pare svilupparsi in chiave che potremmo definire co-evolutiva: non è infatti casuale che al deficit di domanda corrisponda un sempre più progressivo invecchiamento del pubblico, che alla cronica carenza di proposte contemporanee sulle assi del palco corrisponda una sistematica e progressiva diserzione della platea da parte delle generazioni più giovani. E tuttavia pare – stando alle più recenti rilevazioni – che via sia un rinnovato interesse dei giovani per il teatro (sia pure con una forte preferenza opzionale per il teatro recitato più che per il teatro visto) e per il portato di relazione che porta con sè. La sensazione, quindi, è che il problema verta più che sulla costruzione di una domanda – un’opzione che, peraltro, sarebbe in ogni caso ampiamente motivata da istanze valoriali di formazione del pubblico – sulla possibilità di consentirne la manifestazione. In una sorta di circolo vizioso – che è insieme organizzativo, economico, promozionale -, dunque, è possibile ipotizzare che la domanda di innovazione rimane inespressa (e pare quindi non esistere) perchè vi è un deficit di offerta, a sua volta motivato da una, altrettanto ipotetica, assenza di domanda.
Perchè allora, ed ecco la proposta concreta, non tornare a prevedere una normale e permanente programmazione "alta" di questo tipo? Perchè non prevederla nel quadro della ordinaria programmazione teatrale cittadina e, perchè no?, individuando nel Cinema Teatro Nuovo il luogo e la sede naturale di questi nuovi "Altri Percorsi" (una sorta di "Stabile d'Innovazione"). Perchè - anche a fronte di un (pare...) rinnovato interesse della Regione Lombardia a recuperare l'esperienza degli anni '90 - non tornare ad esplorare gli strumenti, finanziari ed organizzativi, per la riproposta di un teatro diverso per un pubblico diverso? Perchè non immaginare che - anche a Varese - possano tornare a fare la loro comparsa, sistematicamente, Pippo Del Bono ed Emma Dante, Babygang e Out Off, Valdoca e Mario Perrotta ma anche - paradossalmente - Teatro dell'Elfo, Sandro Lombardi, lo stesso Celestini?
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