giovedì 5 maggio 2011

"Il libro del mondo" - Un Festival delle Culture

"L’altro giorno ho chiesto ad una amica commerciante: “Sai cos’è l’Italia?”. “L’Italia è Varese” mi ha risposto". (Dal Diario di Guido Morselli)

Trovo molto significativo e interessante che - sia pure nel panorama per lo più piuttosto desolante o rituale che caratterizza i "paragrafetti sulla cultura" - nel quadro dei diversi programmi elettorali che si vanno via via precisando in questi giorni ricorra con una certa frequenza l'idea di un Festival per la città di Varese. Se ne parla - tra l'altro con riferimento esplicito a "quelle esperienze teatrali di grande valore di cui il nostro Paese è ricchissimo, ma che fanno fatica a penetrare nei circuiti ufficiali" - nel programma di Unione Italiana (evidentissimo copyright, per chi lo conosce, by Raimondo Fassa); se ne parla, con maggiore genericità e "buttato lì" come ultimo punto, nel programma di Lega e PDL: "Creazione di un Festival della Cultura che promuova al suo interno l'arte in tutte le sue forme espressive (letteratura, teatro, cinema, pittura, scultura, musica, fotografia, ecc.)"; se ne parla infine, con molta maggior chiarezza e definizione di intenti, nel programma del PD: "... che il valore internazionale che la città di Varese ha assunto negli ultimi cinquant’anni (a partire dalla costituzione in loco della prima scuola europea e dalla successiva accoglienza di studenti africani presso il collegio De Filippi, fino alla significativa attuale presenza di molti stranieri di ogni età e di comunità etniche) sia rafforzato attraverso il “dialogo tra le culture”, ponendo in relazione costruttiva e arricchente le tradizioni locali e l’apporto valoriale e folklorico dei cittadini e delle comunità straniere. A tale proposito proponiamo di rafforzare, con la istituzione di un Festival delle culture, le diverse manifestazioni già attivate sul territorio a tale proposito, identificando nella amministrazione comunale cittadina l’istituzione promotrice del valore dell’accoglienza, del confronto e della integrazione".

Buone idee, davvero. Idee che - armonizzate, condivise e perseguite con significativi investimenti, qualità, rigore e serietà non propagandistica o "di periodo" - consentirebbero la convergenza e valorizzazione di una pluralità di bisogni e di esperienze nel tempo interrotte o semplicemente lasciate estinguere.
Penso, per esempio, alla fine un po' ingloriosa di "Amor di Libro" o alla sostanziale scomparsa del repertorio dell'arte scenica contemporanea (in tutte le sue espressioni) dal panorama cittadino; penso al continuo (e un po' assurdo, per certi versi) confronto con l'esperienza di Mantova ma anche - oltrepassando l'assurdità - alla straordinaria valenza anche turistica che un Festival realmente aperto al mondo potrebbe avere, per esempio attraverso la valorizzazione reale delle nostre reali ricchezze artistiche, paesaggistiche e culturali.

Penso, soprattutto, alla meravigliosa ironia di contrappasso che una città tradizionalmente considerata "chiusa", "gretta", "bottegaia", e definita pochi anni or sono "gruzzoletto dell'umanità" dalla corrosiva penna di Michele Serra, potrebbe dimostrare con una scelta in questa direzione, tornando capoluogo e collocandosi a pieno diritto e seriamente nel contesto delle città vive della nostra Regione e dell'intero Paese.
Cerchiamo di "sognare ad occhi aperti". Fingo di esserne l'organizzatore, la sola cosa che so fare. 
Mi immagino anzitutto il titolo, che richiama la strofa della splendida Khorakhane di Fabrizio De Andrè: "Il libro del mondo", a segnalare da subito la ricchezza di esperienze a cui la manifestazione vorrebbe aprirsi, nel segno dell'accoglienza, della bellezza di "un mondo a colori", della curiosità. 

Un Festival: quindi un'iniziativa che si snodi lungo una decina di giorni consecutivi, che preveda un programma che - aprendosi ogni anno a tutte le culture del mondo e a tutti i linguaggi dell'arte - proponga quotidianamente una pluralità di appuntamenti nel campo del teatro (anche per bambini), della danza, della letteratura, della poesia, del cinema, della musica. Magari immaginando, di anno in anno, un focus particolarmente dedicato all'approfondimento delle tradizioni di una specifica area geografica o di un Paese.

Un Festival: una manifestazione, quindi, che si caratterizzi per lo strutturale coinvolgimento - ideativo, progettuale, organizzativo - della comunità locale a tutti i livelli. Farsi rete e sistema: dalle strutture ricettive al sistema della ristorazione, dall'associazionismo agli Enti di Promozione Turistica. Una manifestazione che scombini e trasformi la stessa atmosfera del tessuto urbano cittadino attraverso l'incursione dell'arte e della cultura nella dinamica del tran tran quotidiano. Che impieghi e valorizzi appieno l'intero complesso delle strutture cittadine: dall'Apollonio al Santuccio, dalla Sala Veratti alla Sala Nicolini, da Villa Panza all'Auditorium sino al Sacro Monte, ai Giardini Estensi, a Villa Ponti...

Un Festival: quindi una manifestazione di ampio respiro, ricorrente, stabile, con uno staff, che viene progettata con cura nell'arco di un intero anno in vista dell'edizione successiva (questo avviene a Mantova, a Santarcangelo, a Cividale del Friuli, a Spoleto). Che radicalmente aspira alla sprovincializzazione e che quindi interpreta se stesso ed il proprio ruolo anche come investimento. Che quindi non chiede agli artisti - neppure a quelli locali - di lavorare gratuitamente, ma ne riconosce anche economicamente il valore... 

Fuori dal sogno: questa cosa è possibile? E' possibile immaginare un percorso in questa direzione per un Comune che - almeno sino ad oggi e comunque con riferimento a tutto il 2011 - non ha un Assessore alla Cultura e opera tagli al bilancio sul comparto pari all'80%?

Non lo so, francamente: certo solo i progetti d'orizzonte e di grande respiro possono indicare delle direzioni. E quindi, per esempio, consentire di avviare reali studi di fattibilità, contatti trasversali concreti con gli universi possibili del reperimento di risorse (dalle imprese agli Istituti di Credito, dalla Camera di Commercio alle Fondazioni bancarie, dalla grande distribuzione sino alla famigerata Arcus S.p.a., al Ministero, alla Regione, alla Provincia sino a giungere - perchè no? - alla prospettiva del mecenatismo privato).

E allora, perchè non provarci realmente? Altri - penso a Mantova - hanno iniziato a fantasticare come "quattro amici al bar"... Poi ai sogni, lentamente, sono cresciute le gambe. Ma il libro del mondo bisogna saperlo leggere.

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