martedì 17 maggio 2011

Senza chiedere permesso: il flash-mob come teatro politico

E' circolata molto in rete, in questi giorni, la celebre invettiva di Gramsci contro l'indifferenza. Ne ripropongo un brano:

"Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo"?

Il teatro, con i suoi mezzi, ha sempre cercato di vincere l'indifferenza per farsi riflessione politica sul mondo. Dall'Antigone alle Troiane, da Piscator e Brecht ad Heiner Müller, passando per le forme dello happening e del teatro di strada del Living Theatre  di Julian Beck e Judith Malina o del Bread & Puppet di Peter Schumann.

E' quest'ultima la forma di teatro  politico che - nel presente - mi interessa maggiormente e che pare, oggi, vivere una "seconda giovinezza" (peraltro apparentemente quasi del tutto immemore della prima, quasi si trattasse di una novità) nella forma del flash-mob.

Da wikipedia: flash mob è "una riunione, che si dissolve nel giro di poco tempo, di un gruppo di persone in uno spazio pubblico, con la finalità comune di mettere in pratica un'azione insolita. Il raduno viene generalmente organizzato via internet (social email, networks o telefonia cellulare). Le regole dell'azione possono essere illustrate ai partecipanti pochi minuti prima che questa abbia luogo o possono essere diffuse con un anticipo tale da consentire ai partecipanti di prepararsi adeguatamente".

In questa definizione - rispetto allo happening degli anni '70 - quel che è realmente nuovo è, da un lato, la forma organizzativa, ossia la rete come strumento massivo di comunicazione, aggregazione e coordinamento. Dall'altro, il fatto - estremamente rilevante, a mio modo di vedere - che l'azione, sia pur elaborata anticipatamente in forme variabilmente complesse sul versante della drammaturgia, prescinda quasi totalmente dalla dimensione delle prove, affidandosi sostanzialmente, per quanto riguarda gli individui, al modello dell'improvvisazione su canovaccio.

Da qui la sua straordinaria, per quanto potenziale, forza d'impatto sul piano del numero di persone coinvolte e al contempo la sua, altrettanto potenziale, freschezza non mediata da un eccessiva sovrastruttura di conoscenze tecnico-attoriali (e quindi da una forte carica di sincerità: non abbiamo a che fare con attori ma con persone che si mettono in gioco per comunicare un'idea, o un valore, o una protesta o una proposta).

Vi è quindi una sorta di doppio primato: da un lato della costruzione drammaturgica, tendenzialmente non-verbale e molto tesa alla simbolizzazione estrema ma semplificata (e tendenzialmente anche un po' didascalica e retorica in senso positivo) del tema oggetto dell'azione. Dall'altro - e costitutivamente - del dato organizzativo e comunicazionale che ne rende effettivamente possibile la realizzazione.

Chiaro il collegamento con il tema dell'indifferenza: l'happening, come il flash mob, hanno in comune la persuasione che - del tutto al di là del dato artistico (il cui approfondimento potrebbe tuttavia essere fortemente significativo per una maggior efficacia comunicativa dell'azione) - l'atto teatrale politico si propone come intrusione senza chiedere permesso nell'indifferente vita quotidiana delle persone. Imponendo loro - con la forza dell'insolito, a volte dello sgradevole o magari, al contrario, del bello: sempre comunque tracciando un segno nello sfondo grigio dell'ambiente circostante - la percezione di una differenza. Che, come scrive Gregory Bateson, è il dato costitutivo della conoscenza.

L'indifferenza si vince demarcando una differenza come atto informativo e conoscitivo.

E questa non è più la dimensione del teatro politico  o civile che siamo soliti considerare oggi: i Paolini, i Celestini, gli allestimenti brechtiani o i cabarettisti "amici" o, di recente, i (sia pur interessanti) one man show di Travaglio o di Saviano. Il teatro “politico”, in quanto tale pare chiudersi nell’autoreferenzialità del destinatario: pubblico del teatro politico è, per elettività, pubblico già persuaso, che si raduna - clan più o meno compiaciuto della propria koinè - nella torre eburnea del rito, acquietandosi nella conferma delle proprie convinzione tramite la condivisione di quanto accade, e viene detto, sul palco. Bello scoprire che qualcuno, con gli strumenti dell’arte scenica, dice ciò che già pensiamo. Ma quale trasformazione può implicare – oltre il dato artistico – un teatro di conferma? Si tratta del contraltare rasserenante (e gratificante, almeno su un piano che mi piace definire “allucinatorio”) del teatro borghese tradizionale, della commedia brillante, di un cabaret che non graffia più. Molto più inquietante Shakespeare, allora, ancor oggi.

Il flash mob, come lo happening, al contrario non cercaattende lo spettatore "pagante" ma lo raggiunge gratuitamente. Lo costringe, per pochi minuti, a vedere ed ascoltare. Forse a capire. Non persuade, segna. Non parla tanto - o solo - all'intelletto, ma alla sensibilità.

E forse - in un'epoca che (fino a ieri, solo fino a ieri!) pareva aver perso la sensibilità - il teatro può dunque nuovamente venire in soccorso alla politica come primaria forma di comunicazione, in grado di restituire umanità e spessore al cicaleccio del tempo.

1 commento:

  1. Il flash mob ha delle potenzialità incredibili anche formative della persona (come ogni buon teatro dovrebbe essere): appunto non mediato, niente testo dato, tutto da creare, responsabilità nel comprendere prima e communicare dopo il proprio messaggio (quante volte un lavoro inefficente sul prima ha compromesso il secondo?), inclusione vasta di ogni persona che desidera partecipare, lavoro corale di squadra, non necessità di grande padronanza della lingua (e questo diventerà fondamentale in quest'epoca di immigrazione di massa) ma di capacità communicativa forte ed immediata, no barriere di alcun tipo, riappropriazione degli spazi pubblici per il pubblico e messaggi pubblici, non ghetto teatro costoso, nessuna richiesta economica. Ma cosa vogliamo di più?
    Jane :-)

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