sabato 16 aprile 2011

Scenografia e regia della barbarie

Dopo l'assassinio di Dean Catic
 
Due giovani ammazzano un loro coetaneo. Lo ammazzano così, quasi senza ragione. Inizia, sulla stampa, la consueta antologia della falsa coscienza psico-socio-pedagogica: mea culpa, j’accuse, parole consolatorie della e dalla Chiesa, stucchevoli analisi alla Crepet, “siamo tutti colpevoli”, “dov’erano le famiglie”, “non stiamo con loro”, la responsabilità degli adulti, la TV, CSI, i videogames… Tutto vero, forse, e tutto molto consolatorio, anche nel battito del petto. L’indifferenza istituzionale che si sublima – ed autoassolve, nella sua inerzia – attraverso la deprecazione e il sociologismo, il dolore di maniera e la contrizione.

Non una parola, neppure ipotetica e da nessuna parte, sul fatto volgare che tutto questo, tutto questo, è una marxisticamente schifosa questione di soldi. E di bilanci. E di priorità di spesa.

Di fronte a questo giovane ammazzato - ma anche alle stragi del sabato sera, all’alienazione delle “vasche” nel centro cittadino (eserciti di Lemming dai 13 ai 24 anni che fanno avanti ed indietro senza alcun senso), all’alcoolismo adolescenziale e alle nuove tossicodipendenze, all’analfabetismo di ritorno – è quasi criminale parlare di “sicurezza” ma è al contempo solo dilatorio ed irresponsabile parlare di “cambiamento del cuore degli uomini”, o di cultura o di educazione senza che, al fianco di quelle parole, nella colonnina delle uscite, si indichi la relativa voce ed entità della spesa.

L’educazione, la scuola, la formazione, la cultura, l’organizzazione del tempo libero, la ricostruzione di un tessuto di relazioni sono l’unica condizione per l’approdo ad un’idea di cittadinanza attiva, in grado di leggere e criticare il mondo, di distinguere – per citare Hannah Arendt - tra il vero e il falso, tra la realtà e la finzione, tra la propaganda e la ragione. Sono le chiavi dell’idea di capacitazione dell’individuo introdotta dal Premio Nobel per l’Economia Amartya Sen come sostanziale correttivo del concetto classico (ed utilitaristico) di benessere e di Welfare.

Ecco, io temo che gli investimenti e le priorità pubbliche in viabilità, arredo urbano, edilizia, commercio, posa dei tombini, asfaltature, videocamere ad ogni angolo, polizia di quartiere siano nient’altro che la costruzione di una scenografia e regia della barbarie: chi infatti si muoverà in queste belle città moderne ed innovative? Cittadini o automi programmati al consumo a-critico e obbligatorio, all’afasia, all’ignoranza, alla devianza e alla criminalità come risposta programmata ed inevitabile al controllo (e insieme all’indifferenza) sociale? Bambini cretini, accompagnati nello shopping da genitori cretini, “formati” (ormai figli e genitori) in scuole cretine perché svuotate di risorse e quindi di senso, e quindi di intelletto, e quindi di cultura. Che passeggiano in città cretine, ricche del bisogno di tener lontano il pensiero, e quindi la coscienza vigile, e quindi la critica. Spesso tristi ma più spesso incazzati, quasi sempre cattivi, altre volte ridanciani – come i bambini piccoli – davanti alla volgarità che si autocelebra.

Di fronte a tutto questo, se non si capisce tutto questo, ci aspetta ben più che un Ventennio.

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