“Quando raggiunsero il fianco della montagna un meraviglioso portale vi si aprì, come se si fosse creata improvvisamente una caverna; il Pifferaio entrò e i bambini lo seguirono, e quando alla fine tutti furono all'interno, la porta nella montagna si chiuse velocemente.”
E così Hamelin - la città gretta ed ingrata che aveva rifiutato riconoscenza al pifferaio - resta sospesa nell'incubo ad occhi aperti di un futuro svanito. I suoi bambini - ciò che sarà, ciò che sarebbe potuto accadere - se ne sono andati. Per sempre.
E Varese? Dove sono i bambini di Varese?
Scomparsi anch'essi, dall'orizzonte tutto adulto dei nostri programmi elettorali? E, quando fanno la loro comparsa nella residuale considerazione della politica, di quali bambini stiamo parlando?
Bersagli pubblicitari e mercantili, “nati per comprare” – dal titolo di uno splendido saggio di alcuni anni fa - costruiti e modellati (raramente frequentati o conosciuti) secondo gli stereotipi di un immaginario (e di un utile) tutto adulto, che alterna - a seconda dell’angolo visuale - il mito dell’innocenza a quello delle baby gang, l’enfasi sulle mode alla “terribile semplificazione” del bambino visto esclusivamente come “futuro adulto”? O bambini a cui regalare un po' di bamboleggiante panem et circenses natalizio, preferibilmente con la sponsorizzazione o il patrocinio fortemente visibile di questo o quel Centro Commerciale?
Eppure i Signori Bambini, direbbe Daniel Pennac, sono qui, nostri concittadini invisibili, così come sono ora, con la loro ricchezza e complessità, con la loro sostanziale compiutezza in divenire (non sembri un paradosso) che merita attenzione, considerazione e stima.
Bolle di sapone sensibili ad ogni alito di vento, fragili e rapidissime a spezzarsi al più piccolo turbamento, eppure al contempo dotate di una resistenza e solidità sorprendenti: il segreto della bolla di sapone - come quello dell'infanzia - va rintracciato nella sapiente consistenza e preparazione della sua materia, nella delicatezza (ma anche nella sicurezza) del gesto con cui l'animatore/artista (e, per stare in metafora, il genitore, l'insegnante, il mondo) consegna la sfera, ormai libera, all'aria. Pronta per un volo lieve ma solido, il più duraturo possibile.
Un approccio all'infanzia che muove, soprattutto, da un'idea seria di rispetto: rispetto dei tempi e ritmi della crescita - fisica, emotiva, intellettuale - ma anche della necessità di una sua costruzione, non svilita né avvilita al ribasso. Che riesca a coniugare leggerezza ed allegria con la consistenza del pensiero, lo svago con la cultura e l'educazione: fino a scoprire che queste apparenti antitesi sono, appunto, solo apparenti. Che l'allegria educa e che il pensiero ci alleggerisce l'animo: che solidità e lievità, insieme, sono le chiavi del nostro vivere nel mondo.
Una città che provi a muovare anche da queste premesse - come accade per esempio nel programma elettorale di Marco Astuti e della sua coalizione a Malnate - non può tuttavia che rovesciare, è bene che se ne abbia consapevolezza, il catalogo e l'ordine delle tradizionali, e spesso miopi, priorità politico-amministrative. Perché - al di là della forza evocativa e della nobiltà programmatica dello slogan - probabilmente non è vero che "se va bene per i bambini va bene per tutti".
Con le parole di Sandra Zampa (La Repubblica, 4 novembre 2010):
"In una città dove i bambini e gli adolescenti stanno bene, dove possono vivere sentendosi a casa propria, difficilmente non vivranno altrettanto bene gli adulti. Il loro benessere misura quello di noi 'grandi' ed è a partire dalle loro difficoltà, dal loro disagio e dalle loro sofferenze che potremmo misurare l'inadeguatezza della città che da adulti abbiamo costruito (...) Ogni euro speso per il benessere dei bambini e degli adolescenti è ben speso. Il benessere delle loro vite attraversa ogni pagina dell'agenda degli impegni di un'amministrazione. Dalla qualità dell'aria allo sport, dal tempo libero alla scuola e all'educazione, dai programmi di integrazione al verde, fino alla viabilità".
Occorre coraggio: occorre saper costruire, in tempi di "coperte corte", teoremi radicalmente diversi, costruiti sul primato - anche e soprattutto finanziario - della scuola e della cultura, delle biblioteche e dell'ambiente. Con lo stesso coraggio, credo, occorre anche ricostruire - a partire da qui - l'anima di una sinistra che non sempre ha mostrato una sensibilità particolarmente reattiva a questi temi, se non in termini di contrapposizione.
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